Videogame ed Europa

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Leggo il post di una mamma giovane.

Il suo bambino davanti alla televisione: Mamma, questo è un film vero?

In questo mondo dominato dalla civiltà delle immagini nel quale i videogiochi più cruenti e perfetti sembrano aver soppiantato i valori più importanti si rischia di perdere e soprattutto di far perdere alle menti più deboli il senso del reale e della sacralità della vita.

La visione dell’impatto dell’aereo sulle Torri Gemelle, visto e rivisto ha perso ogni tragico significato, piano piano è entrato in una sorta di mondo iperreale dove la tragicità si assomma all’effetto videogame e perde la sua valenza di orrore per trasformarsi in qualcosa di ripetitivo e totalmente astratto.

La frase innocente del bambino nasconde una terribile verità.

Oggi si è perso il netto confine tra il reale e il fantastico e questo in ultima analisi provoca anche una caduta del valore della sacralità della vita.

Chissà se i folli attentatori di Parigi non abbiano passato ore davanti ad una playstation fino a pensare che uccidere fa parte del gioco, che una vita umana ha un valore in punteggio veloce, in scorrere di dati che accompagnano azioni mirabolanti e sicuramente molto più prestigiose di quelle consentite anche ad un corpo giovane e ben allenato.

Ovviamente tra questo e il dire che è la società dell’immagine a produrre mostri si rischia chiaramente di fare un’affermazione minimalista e banale.

Ma la frase innocente del bambino mi ha fatto molto riflettere e non posso negare che anch’io sia rimasta inchiodata davanti al video per ore…in attesa di che?

Di sapere che il male assoluto era stato sconfitto? Questo lo provano i ragazzini davanti ai videogiochi, purtroppo sappiamo che il male non si combatte con mirabolanti salti e schizzi di sangue sul monitor.

Il sangue vero, quello che ha bagnato le strade di Parigi, la redazione di Charlie Hebdo e le negozio Kosher è un’altra cosa, è la dura realtà che ci troviamo ad affrontare, impreparati, in questo secolo nel quale pensavamo di avere vinto in Europa ogni forma di orrore.

Già, l’Europa…durante il periodo natalizio un bellissimo spot di una catena di supermercati inglese ha inondato il web di immagini relative ad un episodio vero successo la notte di Natale di un anno della grande guerra.

In quella notte i nemici: inglesi e tedeschi si scambiarono doni, uscirono dalle trincee e si abbracciarono.

In un altro video, diffuso dalla Comunità europea si ricorda lo stesso episodio allargato in maniera storica: francesi e tedeschi non combatterono, ma deposero le armi insieme. Poi la domanda: forse cominciò da lì l’idea di un’Europa unita tanto che gli Stati Maggiori ne ebbero addirittura paura?

Noi che siamo cresciuti nell’idea che l’Europa non debba più farsi le guerre, che debba fraternamente condividere anche il peso di errori passati, noi che abbiamo sfruttato con le nostre colonie altri paesi in altri continenti dobbiamo ragionevolmente affrontare questa realtà che non deve essere una guerra santa contro l’Islam ma una presa di coscienza che un nostro vecchio tranquillo mondo europeo è finito e quello che abbiamo davanti, un mondo nuovo molto più globalizzato, non ci appartiene più e tutto questo lo dobbiamo affrontare con realismo e consapevolezza della difficoltà delle future convivenze senza retorica ma anche senza facili perbenismi o ancestrali paure.

Io sono Charlie Hebdo

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Questo blog si occupa di musica, cultura, teatro ma questa settimana non è una settimana come le altre.

Tutti abbiamo il dovere di parlare di libertà, di rispetto per le idee dell’altro ma dobbiamo essere consapevoli di essere costretti a vivere in un mondo in cui l’orrore e la violenza ormai siano entrate nella vita di ognuno.

Le vite spezzate nel vile attentato a Charlie Hebdo non sono solo le vite di intellettuali scomodi, di vignettisti strepitosi e iconoclasti, le vite dei poliziotti che erano lì per difendere dei giornalisti che in una strada neanche tanto prestigiosa di quella Parigi minore e vicina al mio cuore non rappresentano solo se stessi. Sono le vite di tutti noi europei, di tutti coloro che ancora ciascuno nel suo piccolo mondo di valori cerca di vivere la realtà di un mondo che cambia tanto rapidamente da rendere difficile anche il più modesto percorso di comprensione.

In questo contesto mi ha molto colpito vedere su Facebook che un grande cantante, un uomo di spettacolo (e questa volta non è il solito tenore di cui parlo spesso), ma il grande basso René Pape

abbia cambiato la sua immagine del profilo adottando quella specie di mantra in tante lingue in cui tutti ci dichiariamo “Io sono Charlie Hebdo”.

Lo ammiravo, e molto, come cantante. Ora gli voglio bene come uomo che sente di dovere in qualche modo di partecipare con la sua testimonianza al rifiuto collettivo di tanto orrore.

Siamo ancora tutti attaccati ai nostri televisori, speriamo tutti che presto i feroci assassini vengano presi, vorremmo, perlomeno io, capire anche dei lati oscuri di questa straziante vicenda che ancora una volta ci ricorda la fragilità della nostra vita civile .

Quelle matite spezzate sono le nostre matite spezzate, quel sangue sui fogli per terra nel corridoio della rivista satirica prestigiosa sono l’immagine forte della fine di un‘ illusione.

Il terrore ideologico vive nella porta accanto, al nostro supermercato, nella metropolitana che prendiamo ogni giorno.

L’unico modo per combatterlo è quello di alzare le nostre mani nude tutti insieme e di gridare forte che la libertà di pensiero è la nostra unica forza, la nostra ultima scelta per difendere la più importante ragione di essere: vivere liberi ciascuno nel rispetto dell’altro.