Die Fledermaus con Kaufmann

 

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Pubblicizzato nel segno di Kaufmann quest’anno il concerto dal Semperoper di Dresda prevedeva un  programma con le musiche del Pipistrello di Strauss.

Grande attesa mediatica , quello di Dresda è un concerto che viene molto riciclato sui siti dedicati e quindi ne avevo visto anche varie edizioni precedenti.

Ebbene posso dire che quello di ieri sera è stato piuttosto modesto e che le frizzanti musiche viennesi non sono riuscite a riscattare la poca allegria che comunque le notissime musiche generalmente provocano.

Chiudiamo l’anno in allegria , ma un’allegria falsa come erano false le mossettine del grande tenore che forse ne vuole fare troppe .

Non si capisce poi , dato che un nuovo figlio lo aspetta la sua nuova moglie , sia lui ad ingrassarsi a vista.

Il personaggio di Eiseinstein è troppo noto per non sapere la serie di gags ed equivoci che la trama viennese gli regala.

Ebbene in questa occasione il Nostro non ha proprio brillato per originalità, le solite faccettine , qualche tentativo di ballo (è noto che tra le sue molteplici e indubbie qualità non ci sia proprio l’abilità di ballerino ) e tutto è filato tra l’indifferenza e anche un filino di noia .

Qualche vuoto anche tra le file in platea, nessun tentativo di regia per il coro i cui abiti sapevano ahimè tanto di trovarobato e una specie di tristezza che prende regolarmente nei veglioni di Capodanno.

L’anno si chiude con bellissimi ricordi delle prestazioni del grande tenore ,credo di non essermi persa quasi nessuna delle sue mirabili performance durante l’anno e se dovessi dire quale è stato il ricordo più bello direi la stupenda Walchiria , sentita da lui per intero per la prima volta dal vivo.

Il suo Sigmund resta nel cuore anche se non è più il bellissimo fuggiasco della lontana versione del Met.

 

L’anno nuovo ripartirà all’insegna di Mahler, ho ancora dei nuovi appuntamenti con lui . Sempre meno e sempre meno trepidante alla vigilia anche se so che mi basta sentire le sua calda e inimitabile voce per ricadere regolamente vittima del suo fascino istrionico dal quale comunque mi sono salvata guardando devotamente il Concertone di Dresda .

Ho pensato con soddisfazione che ho fatto bene a non spendere quei soldi per andare a sentirlo di persona.

 

Pensieri tristi

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Fino a  poco tempo fa le Marche erano una  regione quasi ignorata a livello nazionale . Non ci succedeva niente , Un milione e mezzo di abitanti addossati per lo più sulla fascia adriatica deturpata dalla ferrovia , splendide colline sonnacchiose e una montagna povera e spopolata.

Qualche volta ridendo osservavo che neppure il meteo ci considerava : generalmente si diceva quella che avveniva in Romagna e poi si passava tranquillamente all’Abruzzo.

Da un po’ di tempo in qua siamo , come si diceva un tempo, ahimè, molto spesso all’onore delle cronache e non è un segno positivo.

Qui si fanno a pezzi perdute ragazze ( si scopre poi vergognosamente sfruttate nella loro indigenza fisica e psichica ) anche dai benpensanti cittadini che ne approfittavano per pochi euro andandole a cercare vicino ai centri di recupero per tossicodipendenti , muoiono ragazzini come in una mattanza in attesa di un inverecondo trapper in un incantato paese dell’entroterra di Senigallia, si ammazzano le donne come in un qualsiasi altro luogo italico . Insomma le sonnolente Marche leopardiane si sono allineate al degrado generale.

Anche politicamente qui tutto è cambiato : una volta c’erano le Marche rosse, l’isola bianca di Macerata e poi qualche imbarazzante tendenza verso destra nella Marca ascolana, tutto prevedibile , tutto abbastanza correttamente gestito.

Il vento del cosiddetto nuovo ha investito anche questa regione , i risultati ancora non si vedono . Del resto è molto difficile vedere quello che ancora non è avvenuto , certo che i “nuovi” ben poco potevano fare , visto che tutto si decide altrove.

Ma se oggi ho voglia di fare una riflessione lo devo a due eventi diversi e terribili avvenuti proprio a Natale.

Mi riferisco all’omicidio di Pesaro ( dovremmo domandarci fin dove arrivano i poteri della Ndrangheda?) ma soprattutto alla morte tragica di quel ragazzo , forse afgano, che ha finito la sua breve vita schiacciato da un Tir al quale era aggrappato e sotto il quale credeva di essere finalmente arrivato alla fine della sua fuga.

Conosco bene quel tratto della Flaminia spesso intasato dalle file dei camion che sbarcano nel porto , ogni volta penso che dentro o sotto ci possa essere qualche disperato che tenta la fuga da antiche miserie . Una volta li hanno pure trovati già morti asfissiati dentro quelle strane scatole viaggianti che rappresentano per i poveri più poveri uno strumento di fuga e di speranza.

Il ragazzo che a Natale è rimasto schiacciato sotto le ruote di un Tir il cui autista probabilmente neppure si è accorto di quello che succedeva rappresenta per me il segno della fine della pietà nei cuori degli indifferenti cittadini delle Marche.

Abbiamo mangiato il nostro pranzo di Natale nel silenzio dei nostri cuori, a nessuna Associazione , Partito , Comunità è venuto in mente di fare una fiaccolata in ricordo di questa simbolica vittima dell’Occidente che letteralmente schiaccia coloro che tentano , spesso vanamente , di fuggire da fame , guerre e miseria ad un passo da noi.

 

 

Ci ripenso ancora. Otello ter.

 

 

 

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Succede in una notte d’insonnia , forse originata da stanchezza natalizia e allora verso le tre mi arrendo e decido di fare una cosa che avevo programmato da qualche giorno :  riguardarmi l’Otello di Londra , anche per riuscire a cogliere , se ci riesco , le differenze tra la splendida direzione di Petrenko e questa precedente che mi aveva tanto coinvolta.

 

Assolutamente non in grado di capire musicalmente  le differenze specifiche  nell’approccio diverso al grande capolavoro una cosa l’avevo già colta  al primo ascolto della seconda .

Petrenko ha tirato fuori tutto il Wagner che forse incosciamnete Il grande vegliardo italiano aveva messo nella sua meravigliosa composizione e non sono sicura che questo sarebbe poi tanto piaciuto al “ cigno di Busseto”.

 

Pappano ha dalla sua , non solo l’origine italiana ,ma anche una più approfondita e viscerale vicinanza con la grande musica nostrana.

La visione in teatro del secondo  spettacolo mi aveva impressionato tantissimo e in parte fatto ricredere al primo ascolto ; per l’alto livello dei cantanti , per la meravigliosa resa orchestrale , permanendo peraltro tutte le notevoli riserve sul demenziale taglio registico della Neuemeyer.

 

Ma rivedere nel cuore della notte il mio bellissimo Otello di Londra mi ha riconfermato la sensazione della verità di questo approccio fedele al testo , non solo di Shakespeare , ma anche di Boito.

Inoltre le vocalità , a cominciare dal poliedrico Kaufmann che comunque nella parte di Otello non era in discussione , solo che nella versione londinese  si capisce meglio l’amore di una ragazza molto giovane per un uomo dalle molte battaglie , un uomo comunque di successo e…molto sexi.

 

La Desdemona di Maria Agresta è perfetta come vocalità e centratura del personaggio e il suo scandalo di ribellione davanti “ alla ria parola” contiene un surplus di dignità offesa che manca totalmente alla fredda Desdemona germanica.

Per quanto riguarda lo Jago di Marco Vratogna avevo ascoltato con un lieve scetticismo la garbata spiegazione che Pappano mi aveva fatto circa la convinzione che il contrasto vocale tra la voce educata di Kaufmann e la voce “grezza”  del baritono era perfetta per evidenziare la diversa caratura morale dei due personaggi.

Rivederlo e ripensando alle parole di sir Tony ho capito quanto lui avesse ragione.

Il viscido damerino di Finley non gli regge il confronto psicologico.

 

Generalmente rimetto in caledario durante il festival estivo a Monaco lo spettacolo visto in inverno : questa volta non sento proprio il bisogno di rivedermi questo Otello cencioso , mi concedo semmai una nuova visione dei Meistersinger.

 

 

Storia di Natalen

 

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Non tutti gli alberi di Natale vivono la stessa vita : il mio è un albero che quest’anno visse due volte.

Un pranzo prenatalizio con parte della famiglia al quale si aggiunge previo permesso accordato una new entry: un cucciolo di golden retriver.

Festosamente accolto il cucciolo di casa che ha cinque anni ci gioca allegramente scorrazzando mentre gli adulti mangiano.

Ad un certo punto vedo mia nipote adulta sgranare gli occhi e dire :noooooo!

Non mi volto neppure : mi aspetto un rumore che non ci sarà.

Il nipotino si stava divertendo a girare intorno all’albero , il cucciolo cane voleva andargli dietro ma si è impigliato nelle luci dell’albero.

Con il collare di luci al collo ha cercato di allontanarsi spaventato trascinando nella fuga il grande e festoso simbolo , il quale è crollato lentamente , come un un classico cartone animato natalizio!

Nell’intreccio di palle , luci , addobbi vari  per fortuna nessuno si è fatto male , solo nei primi momenti assistendo al tentativo di raddrizzare il pesantissimo oggetto padre e figlio grande ( sentendosi il secondo molto colpevole in quanto padrone del cucciolo) c’è stata un po’ di tensione nei miei confronti risultando l’oggetto colpevolmente pesantissimo .

Alla fine ce l’hanno fatta  e sono riusciti a rimettere in piedi l’albero ormai ridotto ad un groviglio di luci da una parte sola mentre le palle rotolavano per la stanza.

Con calma ho cominciato a strecciare l’ammasso luminoso informe . il nipote è andato dai cinesi a ricomprare un po’ di luci che si erano irrimediabilmente rotte e verso ora di cena l’albero era di nuovo in piedi , storto più della torre di Pisa ,ma più brillante che pria….

Adesso scintilla tutto storto e contento in attesa del secondo round familiare di domani.

Penso che però non arriverà all’Epifania.

In cotanto sobbuglio ha retto molto meglio il presepe : solo che stamattina passandogli davanti mi sono accorta che tutti i pastori giravano le spalle alla capanna . il nipotino li aveva girati tutti , un ottimo lavoro di dissacrazione realizzato furtivamente , con metodo e disciplina.

Ho ripristinato l’attesa , la sacra rappresentazione resisterà fino all’Epifania . Devono arrivare i Re Magi!

 

 

Atmosfere natalizie

 

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Strana atmosfera  quella di Natale :la gente si incontra , si abbraccia , si augura ogni bene .Poi magari ci si rivede , se va tutto bene , tra un anno.

 

Strana atmosfera dei tutti buoni ; poi si legge che , a Corsico , un paese lombardo ai bambini che non pagano la mensa non viene dato il pandoro per la festa degli auguri di Natale , mentre per fortuna a Lodi si sono dovuti rimangiare la scelta di non passare la mensa ai bambini non italiani .

C’è voluto il magistrato per farla rimangiare (la scelta non la mensa ) ai buonissimi amministratori della ridente cittadina lombarda.

 

Atmosfera natalizia con una capitale di un paese che sarebbe anche stato tra i fondatori della Comunità Europea e che si trova a fare le figure più orrende con il malcapitato forestiero  che avesse avuto la infelice idea di arrivare , magari con bagaglio, alla stazione Termini in questi giorni.

Legittime proteste di legittimi tassinari , di legittimi conduttori di auto  Ncc , di legittimi proprietari di bus turistici che anche loro hanno diritto di campare e intanto la ex-Città Eterna sprofonda inesorabilmente nelle sue buche.

 

E via cantando e rabbrividendo quando si sente ( e si vede ) l’emozionata e quasi tremante Emma Bonino svillaneggiata in Parlamento mentre tenta di spiegare la sua coerente e civile posizione di politica colta ed esperta.

I rumoreggianti giovinastri eletti da un elettorato incolto quanto loro   non sanno tra le mille cose che ignorano quanto debbono a quella gracile donna e quali e quante battaglie civili ha fatto nellla sua vita per tutti noi.

 

Ci sono dei momenti nei quali non vedo l’ora che questa strana falsa atmosfera felice da spot televisivo sia passata , che si ritorni nel grigiore che ci meritiamo , comunque oggi per chiudere ..auguro buon natale (minuscolo per scelta ) a chi ha avuto la voglia di leggermi anche oggi.

 

 

 

 

Il senso del tempo.

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Ho un nipote di cinque anni che ieri mi ha detto :

quando ero piccolo a Natale faceva meno freddo.

In effetti nei giorni passati sono state giornate gelide , in relazione al tiepido dicembre precedente e la sua sensazione era vera , soprattutto perché era stato costretto a mettere un piumino nuovo , per il freddo , che almeno inizialmente non era stato bene accettato in sostituzione del suo piumino piccolissimo e striminzito al quale si era evidentemente molto affezionato.

Ho sorriso e poi mi è venuta in mente una frase , non so quanto storicamente attribuita a Cicerone : non si è mai abbastanza vecchi da non pensare di avere ancora un anno per fare progetti .

Quello che ho scritto prima non c’entra niente con la frase ciceroniana , ma solo apparentemente.

In realtà se mio nipote misura il suo tempo con la breve memoria della sua vita allo stesso modo invece faccio della prospettiva della mia  e il discorso diventa  speculare e contrario : progetto breve è quanto mi viene da concedermi.

Il senso del tempo è qualcosa di misterioso e bellissimo , mi giro indietro e mi confondo addirittura i decenni , poi mi annoio ad aspettare il turno in banca con il foglietto della precedenza in mano.

Credo che a noi umani questa mancanza di prospettiva reale sia stata donata come una grazia.

Non avere assolutamente un metro solo per misurare la vita funziona comunque come un dolce anestetico.

Ti trovi decrepito e magari ti viene solo da dire che l’anno scorso le begonie in dicembre erano ancora fiorite.

Destini incrociatii

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Sono speculari le foto dell’uccisore e dell’ucciso .

Hanno più o meno la stessa età :i volti giovani di un ragazzo sorridente dell’Italla del Sud e la foto segnaletica di un cittadino francese di origini magrebine.

I loro destini si sono incrociati un attimo , durante i mercatini di Natale a Strasburgo , le loro vite spezzate a poca distanza l’uno dall’altro. Il carnefice e la vittima.

Si può nascere in un contesto familare tranquillo in questa Europa dalle molte migrazioni anche interne .Dalla lontana Calabria al tranquillo Veneto di provincia : una vita in cui i valori contano , si cresce e si studia , ci si prepara al domani con idee importanti nella testa . Si crede all’’Europa e si fanno gli studi per starci sempre più dentro , anche con il proprio lavoro.

Si nasce in questa culla dell’Europa sradicato dai tuoi valori lontani , la famiglia si sfascia , non è difficile immaginare la perdita di valori lontani e la non capacità di averne dei nuovi.

Fin da subito la ribellione al sistema , molte condanne , molte galere e probabilmente lo strisciante verme dell’Islamismo radicale che fa presa su questa mente fuorviata.

Il ragazzo felice del suo stage al Parlamento Europeo che esce dal locale insieme agli amici , sereno come si può e si deve essere sereni a neanche trent’anni ,con la compagna vicina e tutta la vita davanti.

Il povero reietto già braccato , folle di odio per tutto quello che vede intorno a sé, una rabbia assassina e irrazionale per la realtà che lo circonda .

L’arma letale in mano , l’urlo belluino di morte unico pensiero nella testa .

Pare addirittura che fosse convinto di averne abbattuti di più , di quei suoi nemici colpevoli di vivere da quella che lui considerava la parte malata del mondo  mentre  il vero malato era lui.

Non riesco a levarmi dalla testa che le foto di quei due ragazzi il cui destino si è drammaticamente incrociato una sera di festa a Strasburgo si assomiglino in un modo assurdo portando in sé una somiglianza tragica a conferma  del ruolo che gioca il destino nella vita degli umani.

Rileggere Stefan Sweig

Unknown

 

 

Ci sono scrittori dl grande successo  , le cui opere poi cadono in una specie di oblio frutto soprattutto del passare delle mode e uno di questi è sicuramente Stefan Sweig, autore molto amato , forse anche troppo verso la metà del Novecento e poi direi quasi snobbato dai lettori in tempi più recenti.

Pensavo a lui e al suo bellissimo diario- testamento “ Il mondo di ieri” (Die welt von gestren) e soprattutto al suo sottotitolo “memorie di un europeo “ quando in questi giorni ho dovuto fare lunghissime code , noiosissimi controlli aeroportuali a cui tutti soggiacciamo con infinita pazienza e consapevole necessità in un grande aeroporto come Monaco e addirittura in un aeroporto un tempo dal carattere appena familiare come quello di Bologna.

 

Mentre aspettavo in fila , rigorosamente ricordandomi di levare dal trolley  anche lo smalto per unghie e il dentifricio quasi finito per metterlo nel sacchettino a parte, nel levarmi piumino e giacca , nel sottostare anche al faticoso levarmi le scarpe , mi sono ricordata di quello che scriveva Zweig a proposito del suo girare per il mondo all’inizio del Novecento addirittura senza passaporto.

Era curioso del mondo questo europeo convinto pacifista : lui austriaco di lingua tedesca , ma che comunque conosceva bene le differenze storiche e culturali tra i  suoi compatrioti e i vicini amici tedeschi , aveva amicizie francesi ,italiane, belghe , svizzere e in ogni paese si sentiva a casa .

Abituato dalle sane abitudini di una buona famiglia ebrea di Vienna parlava molte lingue , leggeva e traduceva libri e poesie , sempre con la convinzione che noi europei fossimo una cosa sola , un solo popolo diviso da storie diverse ma con un destino comune.

 

La sua curiosità lo aveva portato a girare anche fuori dall’amata Europa  senza la necessità di uno strano oggetto di cui non sentiva la mancanza e che che si chiamava passaporto.

Quando alla fine della vita che chiuse tragicamente nel lontanissimo Brasile ,era già avvenuta la grande tragedia di cui non vide neppure la più orribile fine ,aveva imparato fin troppo bene la necessità di quel documento a lui negato.

Viveva da apolide e quel  documento necessario ormai per varcare le frontiere non lo possedeva più, quel prezioso oggetto inutile della sua gioventù era diventanto in poco tempo l’unico strumento per sentirsi accettato in ogni paese del mondo.

 

Questo pensavo mentre facevo le pazientemente le mie file aeroportuali. Anche io in anni lontani ho passato molto più velocemente tante frontiere e fui molto orgogliosa  quando ebbi in mano un passaporto rosso con su scritto semplicemente Comunità Europea.

Ne ero molto fiera e oggi rabbrividisco al pensiero che tanto sangue versato, tante guerre e stermini che ci hanno portato a questo bellissimo e incredibile risultato possa essere vanificato da pericolosi e risorgenti egoismi nazionalistici o  peggio , come si usa dire oggi ,  da sovranismi demenziali.

Rileggersi Stefan  Sweig  farebbe bene a molti politici deficenti , capaci di pensare solo al loro piccolo successo storicamente di breve respiro.

La nostra vecchia Europa merita ancora molto di più.

 

 

Otello a Monaco

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Ho sempre sostenuto che gli spettacoli si valutano solo dal vivo e non c’è streaming che renda l’emozione del teatro e questo Otello non fa eccezione .

Ma contemporaneamente le incongruenze della regia si esaltano e allora conviene abbandonarsi all’onda magica della musica verdiana , alla incredibile direzione di Petrenko che sembra addirittura guidare con il gesto anche le voci e lo spettacolo si fa bellissimo , si segue praticamente in apnea perché con interpreti di questo livello di accuratezza si dimenticano le esasperate geometrie del fazzoletto , la gestualità precisa e reiterata , l’impostazione sicuramente discutibile della regia .

Dal  potente coro iniziale fino allo chiudersi della tragedia non c’è  un attimo di caduta , spettacoli di così tanta perfezione credo si possano vedere poche volte nella vita .

Certo che partendo dalla novella italiana del Cinthio a cui si è ispirato Shakespeare e proseguendo fino al capolavoro di Verdi si potrebbero obbiettare molte cose, , ma la regista ha scelto una sua strada centrando la vicenda sulla figura di Desdemona e questo è sicuramente corretto , solo che la fanciulla veneziana , incauta e innamorata dell’amore non si rende conto di scivolare nella sua fine mentre la Desdemona di Anja Harteros é una donna matura , forse anche abbastanza stanca del matrimonio e parimenti lo è il suo spento marito , onusto di glorie ma disilluso della vita .Devo dire che comunque ci ha fatto ascoltare una” canzone del salice” di rara bellezza.

Ci voleva un grandissimo Jonas Kaufmann per trovare il registro giusto per regalarci questo Otello stanco , rendere credibile la sua caduta nella follia , darci un’interpretazione forse irripetibile del ruolo. Sicuramente lui aveva già fatto suo il personaggio lo scorso anno sotto la mano esperta di un amico , ora ce lo rende rovesciato , diverso  , anche se altrettanto memorabile

Tutto più facile per lo Jago di Gerald Finley , abituato ai classici ruoli italiani mozartiani e forse per me anche un po’ troppo accentuato nella mimica . Personalmente il suo ruolo , ineccepibile sul piano musicale , mi è sembrato un po’ troppo marcato scenicamente , ma forse è un po’ colpa della regia .

Lo sconvolgente duetto con Otello sul letto traballante è una di quelle immagini forti che difficilmnte si dimenticano.

Accettata comunque l’impostazione si può  solo dire che uno spettacolo di questa perfezione difficilmente lo si vedrebbe in Italia . Qua si capiscono le settimane di prove , gli equilibri perfetti nei piani di scena , gli impercettibili e fantastici movimenti corali.

Inutile quindi soffermarsi sui tanti perché inspiegabili. Chiaro il gioco del doppio spazio , la solitudine finale di Otello davanti al letto vuoto è , se possibile , un ulteriore accentuarsi della tragedia , meno però si capiscono particolari quali la povera Emilia che sembra Cucciolo nella veste nuziale di Desdemona, i i calzini mefistofelici di Jago , la veste fiorata del medesimo con spoliazione dell’unico suonatore nero.

Sono solo piccole notazioni inutili di un risultato alla fine mirabile sotto tutti gli aspetti.

Domanda finale : se qualcuno mi chiedesse quale DVD di Otello comprare , se quello bellissimo di Londra o questo più spelacchiato di Monaco direi di comprarli tutt’e due , nella loro diversità sono egualmente bellissimi.

La Prima della Scala

 

 

 

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Il sette dicembre , Sant’Ambrogio , il melomane medio si sintonizza sulla rete ammiraglia della RAI , per celebrare un rito collettivo : la visione dell’evento per eccellenza cioè la prima della stagione scaligera.

Guai però a farlo una mezz’ora prima quando si è ormai abituati ad un tipo di televisione più efficiente ancorchè privata.

Ci si accorge allora quanto poco professionale sia il livello medio degli inviati , quanta improvvisazione e dilettantismo ci sia nelle riprese pasticciate dove tutti parlano un po’ prima o un po’ dopo della sintonizzazione video/audio.

La qualità media è imbarazzante e ci scappano refusi tra cui la perla è indicare nel Maestro Gavazzini (sic!) il protagonista di una lontana Prima.

Nomi di cantanti sbagliati , pronunce improbabili , e via discorrendo.

Poi parte il collegamento vero e proprio e non è che le cose vadano molto meglio :le interviste nel foyer sembrano degne di Scherzi a parte , si salvano nel palchetto i due conduttori ,leggermente più preparati con gran spreco di “cigno di Busseto” , “anni di galera” e per quanto riguarda Attila ovviamente “flagello di Dio”  che comunque per l’occasione è quel gran figo di Ildar Abdrazakov.

Penso con invidia alle cronache della tv franco/tedesca ARTE che avrebbe a suo tempo potuta essere anche nostra se i nostri spazi nell’etere non fossero già stati tutti occupati dalle tv commerciali del Cavaliere .

Mi domando anche perché ci dobbiamo sempre citare addosso dicendo che noi siamo il teatro più importante del mondo , che i nostri spettacoli ovviamente non hanno eguali sull’orbe terrestre quando tranquillamente magari  facendo un salto a Zurigo o a Monaco ci si potrebbe accorgere di quanto provincialismo ci sia nelle nostre affermazioni.

Comunque quest’anno è andata bene , l’opera è piaciuta a tutti , i loggionisti contenti , nessuno ha buato nessuno , tutti hanno applaudito il Presidente della Repubblica , sicuramente l’ultimo baluardo a cui aggrapparsi in questo momento di terribile sfascio pubblico.

Però sarebbe anche carino spiegare che alla Prima i paganti sono davvero pochini , i signori milanesi non ci vanno , è piuttosto una serata da vetrina, a metà tra l’aziendale e lo spettacolo.

Non mi dilungo a parlare dell’opera , ci saranno molte repliche ed è li che si capirà se l’operazione Verdi giovanile ripaga in termini di cassetta ,che poi è quello che interessa davvero al Sovrintendente Pereira.

 

 

 

Ce l’ho fatta .

 

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Anche quest’anno ho fatto l’albero e il presepe ,ma sempre con più fatica e soprattutto con un filo di tristezza perché la reiterazione dei gesti , la collocazione delle statuine sempre più reincollate , le palle dell’albero addirittura imbiancate dalla muffa ,  tutto mi scandisce un tempo in cui la ritualità suona come memento.

 

Eppure mi piace far trovare il presepio in ingresso quando arrivano i nipoti a casa di nonna , mi piace l’albero illuminato e soprattutto mi piace godermi questa scenografia casalinga nel silenzio della notte .

Per un gioco di luci ed ombre le statuine del presepe si stagliano nette sulle pareti e la notte anche l’albero con le palle sempre uguali e sempre più pezzi di antiquariato si riflette sul vetro della vetrata in salotto con la città sullo sfondo.

 

Allora sono contenta di avere realizzato ancora una volta questa effimera scenografia natalizia , per un mese la casa brilla ancora dei ricordi di una vita quando ai piedi dell’albero c’erano tanti , forse troppi pacchi  in anni di consumismi sfrenati e quando le famiglie erano molto più facilmente riunite senza le diplomazie necessarie con le delicate situazioni di crisi che le attraversano .

 

Anche i pacchi non ci sono quasi più : pratiche buste per i ragazzi , con i soldi ci comprano quello che vogliono , un pensiero simbolico per i figli , sempre lo stesso calendario di barche a vela e so che se lo aspettano di anno in anno , retaggio della comune passione trasmessa dal papà che non c’è più.

 

Il regalo più grande allora diventa il sapere quanti saremo intorno al tavolo il giorno di Natale , senza impegno per carita! , liberi tutti , che lo stare insieme non diventi una noia rituale.

 

Poi per Capodanno ed Epifania liberi tutti, io mi godo in silenzio le mie luci effimere , semmai sono ancora gradite le telefonate di auguri , quando se ne ricordano.

 

Poi sono anche veloce a disfare tutto , con la stessa metodica precisione di quando ho sempre più faticosamente cominciato ad apparecchiare la festa.

Inshalla …se riuscirò a farcela anche l’anno prossimo.

 

 

 

 

 

Macbettho veneziano

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Grazie ad una bella iniziativa di un importante quotidiano italiano ho potuto vedere in streaming il Macbeth della Fenice di Venezia.

L’avviso era apparso sul quotidiano on line e pensavo fosse in contemporanea con l’evento ma che coincideva conl’Otello di Monaco , quindi non l’ho preso in condiderazione.

Due giorni dopo il fotogramma con la freccetta era ancora lì e allora ho provato a vedere se funzionava :
perfetto ! non era stato cancellato e così ho potuto vedere uno spettacolo veramente interessante e di grande qualità , complimenti al giornale che ha preso questa bella iniziativa.

Avevo già letto della regia di Damiano Michieletto ,dellle eleganti scene di Paolo Fantin e sapevo anche della ottima direzione di Myung Whun Chung nonchè conoscendo inoltre  la qualità di interprete di Luca Salsi non mi è rimasto che staccare i contatti col mondo e mettermi davanti al computer.

Devo dire che nonostante lo schermo piccolo lo spettacolo mi si è rivelato bellissimi esteticamente e di ottima qualità anche sul piano dell’ascolto.

Ne hanno già scritto in tanti e soprattutto non mi resta che condividere la bella recensione di Alberto Mattioli , ma non è solo per questo che ne scrivo. Per l’occasione avrei potuto davvero fare un taglia e incolla.

Però proprio la contemporanea visione monacense mi ha fatto capire ancora una volta , se ce ne fosse bisogno , che non è la pedissequa fedeltà al testo che ci restituisce Il melodramma nella sua intima bellezza .

E’ il rispetto che si deve ai contenuti musicali e si può anche non condividere in toto l’idea di fondo di Michieletto ma il farci apprezzare un Macbeth fedele senza esserlo , elegante nella forma oltre ogni dire e perfetto musicalmente è quello che veramente conta , anche in una regia assolutamente non tradizionale.