Parsifal

 

 

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Per avvicinarsi al Parsifal ci sono molte strade , in ogni caso ci si addentra in un labirinto nel quale ci si perde : si aprono porte su porte e si finisce per smarrirsi in questa musica infinita nella quale conviene abbandonarsi senza cercare soluzioni . Wagner stesso era partito molti anni prima di affrontare l’opera da una suggestione della quale si trova traccia nei suoi scritti giovanili . All’inizio c’è un parallelismo tra la figura del Cristo e quella di Apollo , poi l’imput si perde nelle mille leggende orientali di cui lo stesso onnivoro lettore si nutre. Leggere le bellissime pagine di Mario Bortolotto nel suo insostituibile « Wagner l’oscuro « significa seguire il pensiero wagneriano nell’evoluzione del poema prima e della musica poi. Giocando da par suo nelle etimologie il primo soggetto è sulla figura di Amfortas, facile anagramma di Infirmitas : la colpa come ferita insanabile , la figura del riscatto attraverso la redenzione passa per quel Perceval, Parceval ́ forse derivato dall’occitano « percer val « , attraversare la valle , piu probabilmente dal « farsi o parsi « attraverso la cui origine si arriva al puro folle che non conosce niente di sé , neppure il peccato che riscatterà il perdersi della colpa non consumata attraverso la conoscenza . I cavalieri del Gral, anche qui ci perdiamo nell’origine del nome di questa grolla ( graal) forse all’origine pietra sacra , poi contenitore prezioso , se ne contano tracce in mezza Europa come anche il nome del castello , forse il riferimento è ai Cavalieri Templari , come il nome del castello che trasforma il Mont Salvat in Monsalvato . Parsival é l’ultimo dei senza nome wagneriani , personaggi tutti alla ricerca del sé , tutti orfani di padre , qui si aggiunge anche la colpa della morte della madre : Herzeleide… forse doppio della maga Kundry e forse no …tutto sfuma nella magia di un racconto aperto , scandito dalla ripetizione del famoso Amen di Dresda , ma qui aprirei un altro capitolo e certamente non sono abbastanza acculturata musicalmente per riuscirci.
Tutto questo per dire : cosa c’entra Baselitz in tutto questo ? Ho avuto la fortuna di ascoltare via radio la prima dell’opera e mi sono persa , indisturbata , nella magica direzione di Kiril Petrenko. Un’orchestra perfetta ( la meraviglia degli ottoni!) , cori davvero celestiali e sopra tutti la voce straordinaria di Christian Gehrarer , la cui dizione cesellata mi ha permesso di seguire anche buona parte del testo.
Poi sono arrivata a Monaco . Qui il discorso é diverso . Un Parsifal epocale, vuoi per il cast stellare , vuoi per una direzione che credo oggi non abbia eguali, comunque uno spettacolo bellissimo , molto più bello dal vivo che non attraverso le foto di scena che già circolano abbondantemente sui media.E qui mi fermo perché lo scenografo si è mangiato la regia , della quale vale il detto « poche idee ma confuse ».
Inoltre è palpabile una sorta di dicotomia tra la direzione , il cui senso di raffinata, intelligente introspezione ci racconta di un universo di pietà e di redenzione mentre visivamente abbiamo un mondo dissolto , annichilito come dopo una esplosione nucleare. La visione di Baselitz , che resta un pittore e non uno scenografo , se in qualche modo è il punto di maggior richiamo dello spettacolo resta a sé , anche se devo dire che alcuni momenti di suggestione e di forte impatto visivo li regala.
Analizzando più concretamente lo spettacolo direi che il primo lunghissimo atto risulta emotivamente quello di maggiore impatto mentre il muro del castello di Klingsor e quello che contiene , le inutilmente ripugnanti fanciulle-fiore , non aiuta certo i cantanti e la scena di seduzione non è risolta mancando materialmente una sorta di letto o giaciglio su cui appoggiarsi. Si riprende la suggestione nell’epilogo ,anche se mi pare banale rovesciare alberi e tralicci per dire che lî regna la morte. Discorso diverso per quanto riguarda le voci : Jonas Kaufmann al top di voce e di prestanza fisica « è Il Parsifal » di sogno che credo sarebbe piaciuto anche all’autore, René Pape é il raffinato e perfetto Gurnemanz dalla impeccabile dizione , lo stesso dicasi di Christian Gehrahrer che già tanto mi aveva colpito all’ascolto via radio , ottimo il Klingstor di Wolfgang Koch e lascio per ultima Nina Stemme dalla voce incredibilmente potente e sicura nella sua acrobatica dirompente vocalità.
Regia , come ho già evidenziato, abbastanza anonima ; forse spendendo tanto per le scene lì hanno un pô risparmiato , Premuto molto il pedale sul coté cristiano ,centrali in platea due giovani elegantissimi preti in sottana probabilmente sottolineavano il placet della Curia bavarese.
Foto di Angelo Capodilupo