Turandot “famola strana”

 

Mi festeggio a modo mio , parto al mattino con calma e facendo un leopardiano percorso per li colli e le ville arrivo a Macerata godendo di un dolce paesaggio della Marca classica , senza fretta .
Compleanni pesanti , ho levato la data dai social , solo gli intimi lo sanno e mi va bene così.
Non avevo però fatto i conti con Caronte …verso l’una salendo spavaldamente le scalette delle vie deliziose del centro storico ho capito che allontanandomi dalla costa le cose non miglioravano , anzi!
Ho mangiato spaghetti che non volevano raffredarsi neanche dopo mezz’ora , la piazza bolliva e pensare che in questi luoghi ho ricordi di gelo , di venti che entrano nelle ossa , di scialli e coperte anche dentro lo Sferisterio.
Mi chiudo in camera , uscirò solo per andare incontro a questa principessa che spero mi trasmetta perlomeno un alito di vento gelato ….
Turandot , con la T finale ben pronunciata , mi raccomando.

Mi è piaciuta l’idea di sfrondare la fiaba di Gozzi da ogni riferimento kitch di Cina da cartolina . Il progetto registico Ricci/Forte é stimolante , moltissime buone intuizioni , forse in alcuni momenti sarebbe servito un piccolo opuscolo di istruzione per l’uso.
Comincio dalle intuizioni felici : mi è molto piaciuta Liû in abito da sposa , sogno d’amore inconfessato ed è giusto che lei chieda a Turandot di ucciderla e che Turandot lo faccia , sperando fino a quel momento di eliminare con lei il segreto del nome di Calaf.
Efficace che poi ne segua il funerale , come una diva anni sessanta , foulard in testa e occhialoni neri da sole .
Mi domandavo a quel punto , dove Toscanini disse : qui il maestro Puccini è morto perché ancora non hanno avuto il coraggio di interrompere davvero la meravigliosa melodia pucciniana .
Il finale lieto , lo giri come lo giri ha un senso solo in quell’Eros e Thanatos scatenato proprio dalla prova d’amore della piccola schiava .
La principessa di gelo si scioglie all’amore , Isotta felice ? , ma il popolo di Pechino in eterno lutto ci ricorda che muore ogni giorno chi ha paura ( di vivere , di amare?) . Finale atipico di forte impatto emotivo.

I nei di questa Turandot , diretta egregiamente da un ottimo Piergiorgio Morandi alla bacchetta della sicura Orchestra filarmonica marchigiana sono nella modestia della compagnia di canto . Privati per un incidente dalla presenza di Irene Theorin resta buona sia vocalmente che scenicamente la principessa / cover France Dariz.

Purtroppo non lo stesso si puô dire del tenore coreano Rudy Park .escludendo il classico « nessun dorma » che comunque strappa l’applauso a scena aperta , il resto è silenzio , come direbbe il Bardo.
Insufficente la Liu’ di Davinia Rodriguez, salta dagli acuti al pianissimo con vuoti paurosi centrali , mentre invece con buon professionismo i tre ministri Ping Pang Pong rispettivamente Andrea Porta , Gregory Bonfatti e Marcello Nardia danno una buona prova anche attorialmente , sia quando sono medici dei matti e soprattutto nella versione cabarettistica berlinese del secondo atto.
Servirebbero invece didascalie esplicative per spiegare un Timur più giovane di suo figlio e un Imperatore della Cina vestito da benzinaio che immette sangue nel box della principessa ( qui già svariano le interpretazioni ) . Leggo di chi lo legge come il sangue dei principi sacrificati e chi invece lo pensa sangue mestruale della finalmente umana principessa di gelo . Ai registi l’ardua sentenza.
Che mi dovrebbero anche spiegare perché i principi sono tutti bambini uccisi barbaramente in esecuzione tipo Daesh,anche se i Pueri cantores sono magnifici , intonatissimi e teneri .
Ottimo come sempre il grande Coro lirico marchigiano affidato alla mano sicura di Carlo Morganti.

Nell’arena Sferisterio tramutata quest’anno in forno infernale comunque questa Turandot “famola strana “ mi è piaciuta , complimenti per avere avuto il coraggio di proporla in un festival a grande tradizione popolare , ne valeva comunque la pena.