L’opera in piazza a Monaco

 

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Nonostante una sorta di idiosincrasia per la voce di KFV mi metto diligentemente davanti al video per ascoltare questo prezioso Tahnnäuser di Monaco.

Tanto prezioso per due diverse motovazioni : la direzione di Kiril Petrenko e la voce dolcissima di Christian Gehtahrer .

Avrei anche preso il biglietto a maggio , poi ho dovuto rinunciare per un importante raduno familiare , adesso quindi sono lieta che attraverso Arte lo possa sentire.

Insisto , sentire , non vedere perchè io Romeo Castellucci lo conosco dal tempo dei Raffaello Sanzio e mi sono sorbita varie provocazioni dell’illustre regista animatore della prestigiosa compagnia di ricerca .

Mirabile fu la volta della presenza in scena delle due anoressiche terminali ( poi infatti morirono davvero alla fine della tourné ) o giù di lì,

 

Poi convertito sulla via del successo internazionale volli dargli una prova d’appello con il Parsifal del Comunale di Bologna.

Ovviamente c’era l’Orecchio , pare fosse di Nitzche, ma c’era anche il vero boa bianco che si snodava per tutto il primo e anche un po’ del secondo atto.

 

Si salvò l’intuizione del mondo in marcia perenne nell’ultimo atto , anche se un centinaio o forse più di persone calpestanti non ci facevano godere abbastanza la pur pregievole direzione di Roberto Abbado.

 

E vengo a Monaco : Petrenko è un mago della direzione : frequentando molto il prestigioso teatro ho potuto apprezzare anche la versatilità della sua bacchetta ,ma ebbe del miracoloso la sua direzione dei Meistersinger dello scorso anno, non avevo mai sentito un Wagner così lirico , così leggero , così infinitamente vicino ai cantanti .

I Berliner che non sono stupidi giustamente lo hanno votato a maggioranza per il prossimo ricambio direzionale . Monaco piange ma Berlino ride.

Questo Tahnnäuser basta sentirlo , la visione è un optional neanche tanto interessante .

Tutte le cosiddette provocazioni per una che ha frequentato tanto la ricerca teatrale sono di una lettura addirittura banale .

In questo senso forse ha fatto meglio Emma Dante nel suo nuovo ruolo di regista d’opera , ha lasciato le sue belle provocazioni siciliane ed è riuscita a rinnovare i , almeno in parte, la sua cifra stilistica.

 

Ma vengo all’opera e alla magia della musica valorizzata dal grande gnomo che incanta con il suo gesto direttoriale.

Come immaginavo la voce di Gehrahrer mi riempie l’anima e Anja Harteros ha dalla sua la capacità lirica per rendere la magia del ruolo di Elisabetta .

Un meraviglioso Tahnnäuser da sentire , perdonando la voce per me abbastanza fastidiosa dell’illustre tenore germanico . ma si sa, sui gusti non si discute!

Poi c’era anche l’incanto della piazza da apprezzare : un mondo educato e civile . Per esperienza personale di queste Opere für Alles . Dieci minuti dopo la fine Franz Joseph Platz è vuota e pulita come se non ci fosse stato nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Otello forever

 

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foto di Valeria Blarzino

 

Avrebbe dovuto piovere, invece la cappa di calura su Londra toglie il respiro . Il teatro è stracolmo e bollente . Nella serra del teatro c’ è un’afa che annebbia anche le foto .
Una vela , una vela ! La tempesta verdiana non muove un alito di vento , arriva la scheletrica nave e so che in palcoscenico non hanno neppure l’aria condizionata .

Lo spettacolo è sempre più avvincente , già toglie il fiato del suo , figuriamoci al calor bianco.
Seguo la tragica vicenda del povero “ leone di Cipro” e provo una grande pena per lui e per la povera sua dignitosissima sposa veneziana .
Il capolavoro verdiano in questa messinscena acquista spessore e drammaticità nuove nel rivederlo ormai per la terza volta.
Mi soffermo su particolari che restano nel cuore . Il più prezioso è il gesto dignitoso , appena accennato della povera Desdemona sbattuta a terra dal marito ormai furioso . Lei sembra una bambola rotta , Emilia corre in suo soccorso e lei ferma il gesto pietoso con la dignità della sua nobiltà ferita.
Un altro particolare . Il sempre più evidenziato torturarsi di Otello che con quello stringersi angosciosamente le tempie ci porta al cuore della sua nevrosi , il particolare appena accennato nelle prime rappresentazioni adesso e molto più accentuato e penso che sarebbe molto piaciuto a Verdi.
Vado avanti nella tragedia che stasera ribolle fino all’ultimo e sembra toglierci quel poco di respiro che resta anche a noi spettatori anche se in teoria dovremmo stare più freschi per l’ aria condizionata del teatro , ma siamo talmente tanti che praticamente riusciamo a mala pena a respirare.
Al terzo atto Jonas non ha i pantaloni turcheschi , credo non ce l’abbia proprio fatta a indossarli ( peccato , gli stavano bene!) , poi mentre spia dall’alto si leva anche la giacca e alla fine la sciarpetta proprio non si sa dove sia finita .
In compenso eroicamente Maria resiste nelle sue nobili vesti , “noblesse oblige”.
Il mio non è il racconto fedele di un Otello verdiano , è qualcosa di diverso e più personale, è il racconto di una melomane innamorata dell’opera straordinaria che aspettavo da anni con questi interpreti e con questo direttore amatissimo.
Sir Tony alla fine non era sudato , era totalmente bagnato e , lo ha confessato , vicino a collassare alla fine del secondo atto.
Poi mi ha detto una cosa alla quale non avevo fatto caso . Secondo lui il contrasto tra il canto un po’ grezzo di Vratogna e quello raffinato di Kaufmann crea una sorta di valore aggiunto nella differenziazione dei personaggi . Confesso che non ci avevo pensato.

Ho letto molti resoconti dello spettacolo , molte entusiastiche interpretazioni della spirale di paranoia in cui cade Otello , molte recensioni colte e molte cose inutili .
In ultima analisi penso che questo Otello  con i suoi limiti ,soprattutto registici , resterà nella storia del melodramma come un momento altissimo del “ recitar cantando” tanto caro al nostro grandissimo compositore .
Il vecchio leone di Busseto non ha avuto dubbi nel contaminarsi col grande rivale tedesco . Lo stupendo leitmotiv del duetto ritorna nello struggente finale a stringere i cuori sui corpi allacciati nel sangue dei due tragici e infelici protagonisti.

Sono stata a Barbiana

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Due pulmann della scuola media di Serra San Quirico , un piccolo paese incantato della Vallesina .

Due classi per uno strano pellegrinaggio sulla tomba di un prete scomodo e quasi dimenticato, ma l’annuale rassegna del Teatro della scuola , una eccellenza a livello nazionale , quell’anno dedicava proprio alla figura di quello strano prete il tema e il filo conduttore degli spettacoli.

Ero stata per anni nel direttivo della rassegna e fu ovvio che mi aggregassi alla bellissima spedizione.

Due classi di ragazzini , alcuni insegnanti consapevoli , operatori teatrali , il sindaco e qualche politico di diversa formazione.

 

Un viaggio verso le mie terre d’origine , passato il Muraglione le case diventano toscane , la gente parla la lingua dolce della mia infanzia .

A Barberino fummo accolti con tutti gli onori e poi ci incamminammo a piedi per quella sperduta frazione : Barbiana da cui partì una specie di rivoluzione intellettuale della scuola e non solo.

 

Lenta la salita , ai lati della strada tra i castagni si vedevano gà spuntare le primule gialle .

Quando finalmente arrivammo alla canonica , piccolissima e sperduta capimmo , se ce ne fosse stato bisogno , quanto la chiesa fiorentina avesse voluto punire quel prete obbediente e allo stesso tempo così tanto ribelle.

I suoi libri sono tutti nella mia libreria , ingialliti dagli anni, ma tanto preziosi per la mia formazione.

Le piccole stanzette della scuola piene di grafici , di spiegazioni e soprattutto quell’I CARE sulla porta , chiave di tanta sapiente apertura mentale da trasmettere ai giovani.

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E’ stata adesso una settimana di commemorazioni , questo straordinario papa Francesco è arrivato fin lassù e ha pregato sulla tomba del Priore nel piccolo silente cimiterino .

Io non ho voluto seguire le retoriche celebrazioni , oggi sembra già tutto storicizzato , ma per chi in quegli anni cominciava a capire quello che avrebbe potuto essere il futuro per le nuove generazioni ( e che non è stato )

il pellerinaggio del vecchio papa è stato l’unico segno importante nel riconoscimento della memoria.

 

Dom Lorenzo è morto nel ‘66 , il 68 doveva ancora venire ; molta parte del suo messaggio è stato usato e forse strumentalizzato facendone un manifesto di disobbedienza , lui che dell’obbedienza aveva fatto la sua forza.

 

In quegli anni ero consigliere provinciale e venni a sapere che un illustre cattedratico che sedeva sui banchi di un partito diverso dal mio e si chiamava Milani ( pure con un altro nobile cognome aggiunto ) pare fosse parente del mio amatissimo don Milani.

Andai da lui per abbracciarlo e complimentarmi , mi gelò dicendo che sì lui in effetti era proprio cugino di quel prete , ma tutto da ’tutta un’altra parte!

Non ebbi più voglia di abbracciarlo , ritornai sul mio banco laico e mi tenni nel cuore quell’abbraccio mancato.

 

Penso con tenerezza a quanto servirebbe oggi il coraggio di dire ai giovani : imparate le lingue , andate nel mondo e di dire ai preti che se in chiesa viene solo lo scemo del paese alla messa non preoccupatevi e non pensate di allettare i giovani col biliardino, quello lasciatelo fare agli altri.

Oggi i giovani di biliardini ne hanno tanti in tasca , alla messa forse non c’è più neppure lo scemo del paese , ma la carità , l’apertura culturale , l’invito all’accoglienza del giovane prete difficile sarebbero molto utili in questo mondo chiuso dai mille nuovi egoismi.