I giorni della merla

 

 

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Gli ultmi tre giorni di gennaio sono generalmene considerati i più freddi dell’anno e questo ha dato origine ad una antica leggenda.

Ci fu un tempo in cui l merli erano tutti bianchi ma durante un freddissimo inverno proprio in questo periodo si narra che una mamma merla con i suoi piccoli cercando riparo dal freddo andasse a nascondersi dentro un comignolo e lì restasse per tre giorni interi.

Quando il freddo pungente fu passato la merla con i suoi piccini uscirono dal riparo , ma il loro candido manto era diventato completamente nero per la fuliggine e da allora tutti i merli furono completamente neri , per questo questi giorni furono chiamati “ i giorni della merla”.

Mi piacciono le antiche leggende popolari ma soprattutto mi piace scoprire come e dove sono nate .

Scopro così che esistono molte varianti della storia e che addirittura cambiano anche i tre giorni stabiliti : si arriva anche a spostarli verso febbrario , oppure a farne una storia di guerre medioevali.

Basta andare sul web e cliccare , ma facendo questo mi perdo l’incanto della fiaba letta sul libro delle scuole elementari e ..puf..scompare l’incanto dei tempi lontani.

Nel mio piccolo giardino spelacchiato dall’inverno , con l’erba ingiallita e rada vedo al mattino posarsi i merli in cerca di cibo ,non ci sono più gatti in giro e i merli saltellano tranquilli beccando qua e là: li guardo pensando alla storia della mia infanzia e cerco di individuare una mamma merla fra loro .

Comunque sia per ogni evenienza ho buttato qualche mollica di pane in giro, nel caso avesssero problemi per arrivare a febbraio.

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Con le notizie che si leggono sui giornali in questi giorni i miei lettori mi potrebbero dire : ma come non parli questa settimana delle follie di Donald Trump? Chiedo scusa ma stavolta ho rimosso tutto e mi sono rifugiata nel mondo delle antiche leggende , ho girato la testa per non guardare la realtà di oggi . Non sempre si riesce a reggere il mondo così brutto come veramente è.

 

Il dovere di ricordare

 

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Nell’immediato dopoguerra a Firenze al Supercinema davano dei documentari molto particolari.

Seppi dopo molti anni che erano firmati da grandi firme di Hollywood e che li avevano girati quando al seguito dell’esercito americano tornarono nella loro vecchia Europa , uno fra tutti Billy Wilder , ma le firme erano tante .

Di cosa si trattava : erano la più crudele e naturale documentazione di ciò che trovarono entrando in quelli che erano stati i più tristemente famosi campi di sterminio .

Mucchi di cadaveri di esseri scheletriti caricati su camion con le ruspe , le bocche dei crematori , gli sguardi sperduti dei sopravvissuti .

Il mio babbo prese per mano la sua bambina e mi ci portò a vederli , non li ho mai più dimenticati.

Dieci anni più tardi , giovane sposa ada Ancona, mio cognato ebreo uomo colto e molto intelligente mi mise tra le mani un libro classico ormai : Il Poniakov il cui titolo è Lo sterminio degli ebrei .

La mia formazione in merito a quella che oggi chiamiamo Shoa è avvenuta in quei due momenti tra l’infanzia e la gioventù e in teoria non avrei bisogno della Giornata della memoria per ricordare .

Eppure ogni anno a gennaio mi sento in dovere non solo di ricordare , ma di fare il possibile perché anche i miei nipoti ricordino.

 

Mentre passano sugli schermi televisivi molti film sull’argomento sento intorno a me discorsi tipo : basta , non ne posso più , non ho più voglia di vedere certe cose e intanto le stesse persone guardano insensibili le file di profughi allineati nel gelo ,coperti di povere coperte , spesso in ciabatte lungo le barriere di filo spinato erette dai civili paesi dell’Europa dell’Est .

Nessuna similitudine all’orrore programmato ma lo stesso sguardo indifferente che sicuramente avevano gli abitanti di Oswiechim quando guardavano quelle ciminiere dal grigio fumo maleodorante nei campi che noi sappiamo in tedesco si chiamavano Auschwitz , Birkenau e Monowitz, .

Quando qualche anno fa anche io ho fatto il mio pellegrinaggio doveroso in quei luoghi e quello che mi ha colpito di più sono stati i vasi di fiori alle finestre del ridente paesino confinante : espressione delle anime gentili che lo abitano anche se sappiamo che scavando nei terreni limitrofi la terra è ancora mischiata alla cenere umana , dopo tanti anni .

C’è una parte dell’uomo , di qualunque uomo un grumo nero che l’educazione e la morale ricacciano indietro , però dobbiamo esserne consapevoli .

Il male è sempre in agguato , sta ad ognuno di noi avvertirlo in tempo ,prima che sia troppo tardi.La velocizazione globale ci porta a sottovalutare e a rimuovere velocemente ogni orrore vicino o lontano che avviene nel mondo.

E’ più facile commuoversi per una storia singola , magari avvenuta nei nostri paraggi ed enfatizzata dal giornalismo ad effetto che non allertare le nostre coscienze per le cose terribili che avvengono dall’altra parte del globo.

Dovere di ognuno invece sarebbe di essere sempre in allerta , si comincia in una birreria di Monaco e si arriva allo sterminio di sei milioni di ebrei.

Si comincia una guerra per il predominio sui pozzi petroliferi e si arriva alla strage dei migranti sulle due tragiche rotte : la mediterranea e la balcanica.

I populismi tornano ad avanzare : un raduno in Germania con un cretino in moonboot che si fa i selfie di gruppo mi fa paura , come mi fa paura il miliardario platinato ( guarda caso con nonni bavaresi ) che contornato da soli uomini bianchi firma decreti che riportano gli USA indietro perlomeno di cinquant’anni.

 

 

 

 

E tre ….

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E tre …sempre quando si tratta di un avvenimento importante al quale partecipo ci ritorno sopra più volte .

Questa é l’ultima riflessione sul Lohengrin parigino e tutto sommato la più personale , quasi la fine di un racconto cominciato quattro anni fa .

Ho scritto tre libri , il primo addirittura dedicato a Lohengrin stesso e ho tanto girato il mondo grazie ad una spinta insieme culturale e curiosa . So molto di più di Wagner e del suo immenso mondo musicale , sono diventata praticamente Mahler- dipendente e so quel tanto di tedesco che mi consente di apprezzare la poesia del Lieder di Strauss , di Schumann e di Schubert .

La Winterreise é diventata una parte di me , ma ora volto pagina , in senso kaufmaniano intendo.

Ho ancora in prospettiva tante opere da vedere , tanta musica da ascoltare , sempre che la salute me lo permetta . Una volta si diceva : si chiude una porta , si apre un portone .

Salutiamoci così , senza rancore …altrodime…non le saprei narrare.

PS. intanto vado a Londra perché sono curiosa di sentire ..i Vier Letzen Lieder

 

Mai devi domandarmi

 

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Mai devi domandarmi, nie sollst du mich befragen ….ce l’ho in testa da due giorni e allora parliamone un po’ di più di questa povera Elsa.

Lasciando da parte il tema del nome sconosciuto con tutti i suoi perché ho trovato un’altra perla mahleriana , questa volta raccontata da Schöenberg.

All’obiezione dell’autore del Pierrot lunaire che non capiva l’atteggiamento della principessa di Bramante , anche se era difficile biasimare Elsa per il suo desiderio di conoscere l’origine di Lohengrin, Malher spiegò:

E’ la differenza tra uomo e donna.

Elsa è la donna diffidente , è incapace di concedere all’uomo la stessa fiducia da lui dimostrata quando aveva combattuto per lei , credendo in lei senza chiedere se fosse colpevole o innocente .

La capacità di fiducia è maschile , la diffidenza è  femminile perché la diffidenza nasce dalla paura di chi necessita protezione , invece la fiducia nasce dalla consapevolezza della forza del protettore , di colui che protegge sia lei che il Bramante.

Concludeva Mahler :questa interpretazione svela il fondamento umano della frase ” mai devi domandarmi”.

Lasciando a Mahler la sua interpretazione abbastanza maschilista dell’atteggiamento della povera ragazza fragile mi fa sorridere l’idea molto romantica di una forza virile in un uomo che forse dalle donne aveva avuto poche soddisfazioni e qualche preoccupazione di troppo .

La sua amatissima Alma certo non era una scema diffidente , semmai una donna fortissima alle prese con un uomo sicuramente molto più succube dell’eroe del Graal.

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Ripercorro allora alcune recenti interpretazioni partendo dalle classiche messinscena in cui le streghe erano veramente streghe e le povere principesse sprovvedute delle autentiche allocche .

Qualche anno fa a Monaco Elsa si preparava all’arrivo del suo cavaliere del cigno progettando addirittura la casetta dei sogni , più recentemente le cose si complicano ulteriormente e il complesso di colpa per la scomparsa del fratellino morto forse per colpa sua fa di Elsa una povera psicopatica in balia di ogni sobillazione.

Anche la figura dell’eroe non è più rivestita di armature brillanti , non ha più ali di cigno : dall’abbigliamento casual di un atleta in t-shirt si arriva addirittura a vestirlo dei poveri panni di uno smemorato capitato quasi per caso in una situazione che per lui diventa a tratti anche difficile comprendere .

Quale mi piace di più ? personalmente amo l’eroe fragile e tremante delll’ultimo Kaufmann ( anche perché gli viene benissimo) , ma sarei curiosa di sapere se dall’alto del suo Wahalalla personale Wagner apprezzerebbe la definitiva caduta del romantico eroe.

Il cigno Jonas

 

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foto Monika Rittershaus

Quando Lohengrin si é inginocchiato sul pontile e le luci intorno si sono abbassate è rimasto solo lui , la sua voce incredibile : in fernem land …ho capito di stare vivendo uno dei momenti magici della vita che ormai solo lui sa darmi .

Prima ero stata tesa , probabilmente come lo era anche lui in scena , non trovavo quell’eroe tremante , esitante, indifeso che tanto aveva colpito a Milano .

I gesti c’ erano tutti , più o meno .

Un video rivisto talmente tante volte da rasentare la paranoia . Invece vedevo un Lohengrin come frenato , non nella voce , ma nel pensiero …d’altrode lui spesso ha detto che non ama fare le stesse cose più volte e mi pareva che questo Lohengrin fosse rimasto a Milano .

Poi lentamente , superato la meccanica del mestiere , Wagner è entrato in lui ( e in me ) e la magia epocale è arrivata.

C’era una spasmodica attesa per questo rientro dopo tanti mesi di illazioni, sospetti , rinvii circa la presenza del divo per eccellenza .

Ridendo qualcuno ha pure detto che se all’ultimo momento Lissner fosse uscito dicendo che c’era il sostituto ce lo potevamo pure aspettare !

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Invece Kaufmann è tornato all’Opera Bastille , con grande orgoglio parigino.

A Parigi inoltre sono anche molto orgogliosi della loro Opera e il fatto che l’allestimento venisse dalla Scala era stato messo abbastanza in ombra negli articoli d presentazone . C’e da dire che Claus Guth , insieme al suo scenografo e costumista Christian Schmidt ,ha realizzato veramente un capolavoro .

La scena , forse leggeremente ristretta e allargata alle esigenze del palcoscenico é comunque magnifica e i raffinati costumi fanno il resto.

Entrando nel merito dell’esecuzione devo dire che i tempi dilatatissimi di Philippe Jourdan mi hanno fatto pensare che Baremboin al confronto avesse altrove diretto con vivacità.

All’inizio del terzo atto qualcuno dall’alto gli ha fatto un clamoso buu e allora lui quasi in risposta ha diretto il preludio del terzo atto con un quasi ironico insolito vigore….

 

L’altra grande trionfatrice della serata è stata Evelyn Herlitzius : scattante e perfetta nel ruolo della strega Otrund credo non abbia rivali oggi sulla scena in questo ruolo . Piccolina , elegante , sinuosa : la sua è una maga perfida con la voce possente che esce miracolosamente dal corpo esilissimo.

Tomasz Konieczny , sostituto di gran lusso ha reso un Telramund sanguigno , vigoroso , suadente e una volta tanto anche con una splendida dizione :perfetto , direi.

Rene Pape sta ,come si suol dire , nelle sue scarpe , nel ruolo , assente da Parigi da molti anni è stato particolarmente festeggiato e lui ha risposto con il suo usuale ironico understatement.

La Serafin ha tutte le note giuste per Elsa , ma nel particolare allestimento avrebbe dovuto essere piu visionaria , piu incantata. Non so se il freno sia stato messo dalla regia , certo che lei non ha aiutato Jonas nei due primi atti , anzi probabilmente mai.

Ottimo il bass-bariton Araldo :Egils Silins che avevo già ammirato anche nel Samson e Dalila.

E torno al mio amatissimo tenore , ha cominciato col ” freno a mano tirato ” , anche se i dubbi della vigilia li ha fugati subito , quando in posizione fetale e di spalle ha esordito salutando il suo cigno…la voce c’era tutta :Gott sei Dank!

Mi sono perô mancati certi suoi tremblement du couer , certe fantastiche esitazioni . In certi momenti ha cantato ” da tenore” . Braccia larghe e piedi bien pantati , forse era anche l’emozione della Prima , quando si ha sulle spalle l’attesa spasmodica di migliaia di persone il peso può essere quasi insostenibile.

Poi il miracolo , ma l’ho detto all’inizio . Torno a casa emozionata e sconvolta . Il viaggio stancante , il freddo allucinante di Parigi , tutto dimenticato . Beato chi abita a Parigi e può tornare a sentirlo .

Un piccolissimo gruppo di fanatici ammiratori lo aspettava al caldo della portineria , ho avuto la tentazione di restare anch’io . In fondo per tornare in albergo dovevo solo attraversare la strada …ma. Cosa dirgli ormai ?

Circondato dalla corte ristretta dei fedelissimi si stava godendo il trionfale rientro , spero solo che Skelton costretto a presenziare tutto il tempo delle repliche non debba mai subentrare in anticipo.

 

il talento della felicità

 

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Leggo in un piccolo libro alcuni saggi e memorie riguardanti Gustav Mahler , (evidentemente è proprio una fissazione per me )e ci trovo una frase straordinaria , riferita da un amico col quale il compositore stava parlando : “essere felici è un talento.”

L’amico che la riporta si chiamava Ernst Decsey ed era un avvocato nonché critico musicale del Tagenspost di Graz.

La particolarissima frase fu una specie di riflessione mentre guardava il viottolo che portava verso la sua casa tra i prati ad Alt-Toblach . Prima aveva anche detto : come sono contento del mondo!

Questi frammenti ricavati dalla memoria di un amico che li riporta dopo tanti anni assomigliano in maniera impressionante alla musica del compositore :
lampi di felicità , ricerca di quello che può raccontare anche un sentiero come ricercando dentro di sé gli echi lontani di un canto popolare .

Certamente Gustav Mahler non ebbe una vita felice, la sua biografia piena di lutti nella sua prima gioventù , il numero grande di fratelli morti nelle più tragiche circostanze e poi la lotta per la vita , l’affermazione come direttore d’orchestra , ma anche il mancato riconoscimento delle sue grandi qualità di compositore ne fanno un uomo tormentato , anche quando il successo gli arrivò fu sempre compensato da forti disillusioni.

“Il mio tempo verrà “, la famosa frase che disse di sé . nella consapevolezza che un giorno il mondo avrebbe capita la sua musica .

 

Mi piace però ritornare alla frase iniziale perché in realtà sono molte le persone che non cercano di sviluppare questo talento , anzi mi pare che sia un talento raro .

Sarebbe bello ripensare a questa preziosa riflessione: essere felici è difficilissimo , ma se neppure ci si prova a cogliere i lampi di felicità nei rari momenti in cui ci è concesso alzare la testa , allora davvero la vita diventa piatta e grigia .

La straordinaria alternanza di sentimenti della musica di Mahler può essere di stimolo per intraprendere il difficile cammino.

 

 

 

musica nuova da Amburgo

 

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Per seguire il mio amico Pavol mi sintonizzo sul canale NDR ,la tevisione di Amburgo.

La lunga diretta dell’inaugurazione dell’Elbphilharmonie è interessante perché questo strano manufatto , un po’ nave , un po’ catafalco è veramente imponente .

Il primo pensiero è quello di andare a fare una gita ad Amburgo per vederlo . Infatti lo dicono tutte le autorità che servirà anche come lancio turistico .

Le inaugurazioni , si sa sono  un po’ noiose , ma tutto è inframmezzato da buona musica e arrivo felicemente all’inizio del concerto vero e proprio .

Uno strano spezzatino per tutta la prima parte . All’evidente scopo di far capire i miracoli dell’acustica ( opera di un certo signor Toyota che evidentemente ne capisce molto ) I cantanti e gli strumentisti sono delocalizzati qua e là nell’Auditorium e allora abbiamo un oboista che suona Britten , Jarousky che canta brani barocchi ( pregievole un Caccini , ma che canti in italiano lo sa solo lui) poi passiamo a un mottetto sempre barocco per Ensemble , per arrivare al modernissimo Lieberman e per chiudere Messiens.

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Primo piano sulla cancelliera Merkel assopita , penso che qualche volta sia duro fare il Cancelliere , forse più difficile che combattere con le forze politiche avversarie. Anche se , a onor del vero la cara Angela è adusa a queste discipline , non a caso la si vede sempre a Beyereuth, ma lì è tutta un’altra musica .

Altra musica che puntualmente arriva con la seconda parte del programma : preludio del Parsifal . Poi la grande novità :la composizione di Wolfgang Rihm scritta apposta per Kaufmann che non c’è e il sostituto di lusso Pavol Breslik ce la mette tutta per far dimenticare l’illustre assente .

Della composizione posso dire che Pavol in frack è elegantissimo , ottimo taglio e orlo giusto dei pantaloni.

Parlando seriamente dico che la partitura è estremamente difficile e si vede quanto studio ci sia nel canto . Ottima tenuta di fiato e perfetta intonazione.

Si chiude con grande pompa . La Nona ,e a sorpresa per me , il basso è sir Bryn Terfel con una barbona da orco che mette paura .

Per il coro sono ricorsi a quello della Runkfurt Orchestra della Baviera e hanno fatto bene , l’orchestra di Amburgo non mi pare di livello eccelso.

Dimenticavo di dire che ogni tanto la telecamera usciva dalla bellissima sala per mostrarci degli effetti luce sull’esterno dell’edificio molto ispirati al Gabinetto del dottor Caligari : psichedelici lampi , strane geometrie , effetti son e lumière sull’Elba.

Pensiero collettivo finale : anche questa è fatta! Per Pavol un grande palcoscenico che ne evidenzia tutte le qualità musicali e canore e io sono molto orgogliosa di essere sua amica.

 

 

Pavol alla Elbphihlarmonie

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Qualche anno fa un mio amico italiano che vive a Vienna mi segnalò un giovane tenore dicendomi anche : guarda che è simpaticissimo e gentile e canta veramente bene.

In realtà io lo avevo già “scoperto “ da sola vedendo un Flauto magico da Baden Baden : mi aveva colpito quel giovane biondo dalla voce lirica e piena, poi a Berlino in un Ratto dal Serraglio me lo trovai addirittura seduto accanto perché , per una trovata registica ,il tenore cominciva a cantare dalla platea .

 

La voce era veramente notevole , e anche il fisico direi.

Poi a Monaco grazie a quello che oggi è diventato un comune amico l’ho incontrato varie volte e sentito spesso .Un ragazzo gentile , molto poco “divo” , addirittura affettuoso ogni volta che sono andata a salutarlo nel backstage.Gli ho anche dedicato un pezzo sul mio blog e l’ho intitolato “Il tenore biondo”.

Quella volta ho capito, visto il successo del mio pezzo , che Pavol era veramente arrivato al cuore di molti.

 

img_0229Pavol Breslik si definisce molto modestamente un ragazzo slovacco , non si atteggia assolutamente a divo e quando torna a casa si fotografa nel giardino di casa o quando fa le torte con la mamma.

Le sue vacanze le fotografa allegramente e le condivide con gli amici , con mia grande gioia mi segue sul blog e approva anche i miei pezzi , diciamo così , di contenuto sociale.

E’una persona solare , seguirlo nei suoi viaggi è sempre divertente , non si circonda di mistero e si capisce che provi una grande gioia nel canto .

Adesso , forse un po’ favorito dal fatto che Jonas Kaufmann è stato fuori piazza per tanti mesi lo ha sostituito spesso , ma sono convinta che non ne abbia gioito : sono amici e queste sostituzioni , che comunque lo onorano non penso proprio che possano intaccare una vecchia amicizia.

Domani canta alla Elbphilarmonie, grande onore e grande soddisfazione .

Mi raccomando Pavol , io ti sentirò davanti alla tv, per ora dal blog della tua amica Adriana un affettuosissimo TOI TOI TOI….

 

 

vecchie testimonianze bavaresi

 

 

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Un mio nipote fiorentino che ha una compagna tedesca mi ha mandato uno strano pensierino natalizio.

La sua compagna ha dovuto recentemente svuotare una casa per la scomparsa di un congiunto e tra le cose da buttare ha trovato un piccolo libretto , una brochure del 1965 che riguardava il calendario degli eventi di Monaco di Baviera .

Niente di chè, sicuramente non un oggetto di antiquariato ma i miei nipoti hanno pensato a me , sapendo della mia passione per la capitale della Baviera e me l’hanno spedito con un delizioso biglietto di accompagnamento.

Io me lo sono tenuto tra le mani incuriosita e poi ho cominciato a leggere cosa si vedesse e si sentisse a Monaco nel ’65.

Ebbene : dal primo al 31 marzo c’erano programmati 35 concerti ( anche due nello stessso giorno) , 31 pieces teatrali e 31 opere al Nationaltheater, senza contare il Theater am Gartnerplatz , il Kammerspiele am Schauspielhaus e il Bayerisches Staatsschauspiel.

Il piccolo libretto ingiallito ..tutto piccolo e povero , in bianco e nero mi ha confermato quello che ho percepito subito arrivando a Monaco qualche anno fa per la prima volta .

Una città vive della sua cultura e considerando le condizioni di vita in Germania ancora nel 65 si capisce come tanta arte diffusa sia alla base della formazione culturale di un popolo.

Questa piccola ricognizione culturale però non mi ha fatto dimenticare altri avvenimenti storicamente pesanti che hanno comunque caratterizzato la vita di Monaco in passato.

Non è stato tutt’oro in anni non lontani da quelli del piccolo libretto , ben lo sappiamo e se non ce lo ricordasse la memoria basta andare a visitare il bellissimo museo sulla nascita del nazionalsocialismo che mosse proprio da qui le sue prime armi.

Il buono e il cattivo si intrecciano nel tempo , certo che comunque di vita teatrale all’indomani di una sconfitta pesante ce n’era tanta e il mio stupore riguarda soprattutto il paragone con quanto contemporaneamente avveniva in Italia nei cosiddetti favolosi anni del boom economico.

Il confronto lo faccio in riferimento a quanto mi era più vicino , vale a dire quello che avveniva nella mia città ai tempi dei favolosi Maggi Musicali fiorentini dei miei anni verdi.

Da noi gli eventi prestigiosi erano grandi festival , in Germania molto più semplicemente si faceva cultura estesa , giornaliera , potrei dire ordinaria , ma queste sono le basi per la formazione di un pubblico educato giorno per giorno e i risultati si vedono oggi : da noi , come dice un mio amico giornalista , il titolo più rappresentato nei cartelloni dei teatri d’ogni tipo è “Riposo”.

 

 

Pensiero di Capodanno

 

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la mattina di Capodanno ho postato un “ si comincia male “ riferendomi all’attentato nella notte ad Istambul.

Poi durante il giorno nessuno , dico nessuno,   ha postato qualcosa a commento della notizia .

Tutti a cingettare auguri , tutti a mettere foto di fuochi d’artificio e altre amene banalità:
un preoccupante caso di rimozione collettiva .

Eppure , se non altro , l’attentato era avvenuto nella parte europea della città e ha avuto caratteristiche ahimè tanto simili a quello che era successo al Bataclan.

Vero che quando si legge “ attentato a Bagdad , 32 morti “, non ci fa caso più nessuno , ma la mattina di capodanno in una megalopoli che fino a poco tempo fa aspirava ad entrare nell’Unione europea ( e forse prima o poi c’entra) non è un evento tanto lontano da noi .

Evidentemente molti hanno pensato che si trattasse di “ cose turche”.

Mi pare veramente un sintomo del raggelante livello di incoscio razzismo del vecchio continente.

Circola in questi giorni in rete un video che a questo proposito porta alla riflessione.

Non è nuovo , io l’avevo già visto qualche mese fa e racconta uno strano esperimento sul DNA fatto su un gruppo eterogeneo di persone alle quali viene richiesto a quale paese appartengano.

C’è l’inglese che non ama i tedeschi , la ragazza che non ama i turchi , il pakistano fiero di esserlo e via discorrendo . Ovviamente ci sono anche i neri e loro sono totalmente convinti di esserlo da ridere della ricerca ,poi viene chiesto a tutti di mettere un po’ di saliva in una provetta e attraverso questa analisi si risalirà al DNA di ciascuno .

Dopo quindici giorni il gruppo torna e il responso è sconvolgente : chi odia i tedeschi ne ha una bella parte nel suo DNA , la ragazza che odiava i turchi ovviamente è turca in parte e così via fino a capire che i neri sono neri solo apparentemente e che nella stessa stanza due persone di etnia diversa sono in realtà lontani cugini.

Il video provocatorio serve a farci capire quanto in realtà siamo tutti un po’ parenti su questa terra , in fondo siamo un pianeta neanche tanto grande .

Per parte mia sono stata sempre convinta di venire anche un po’ dal medio Oriente , non mi sono mai chiesta se ebrea o mussulmana .

Dopo questa divagazione torno all’attentato di Istambul . Anche se non c’era nessun italiano tra le vittime ( e meno male sennò chissà che piagnistei sulla nostra stampa provinciale!) la reazione avrebbe dovuto essere dello stesso orrore di quando questo avviene a Parigi o a Bruxelles .

Invece no , sensa saperlo e magari dichiarandoci tutti assolutmente lontani da ogni razzismo ci portiamo dentro molti pregiudizi razziali.

Potrebbe essere un buon proponimento per l’anno appena cominciato quello di fare una piccola considerazione su quanto dimostrato dalla ricerca del video.

Si comincia con l’avere poca simpatia magari per i cugini d’Oltralpe e poi si finisce per giustificare addirittura anche le guerre di religione .

 

 

il ricordo di un Canto

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Quando nel 2010 alla Philharmonia di Berlino fu celebrato il centenario della morte di Gustav Mahler Claudio Abbado scelse Das Lied von der Erde e per la commemorazione furono chiamati a cantare una contralto molto famosa Sophie Von Otter e un giovane tenore già affermato ma ancora emergente Jonas Kaufmann.

Quel concerto , ripreso dalla televisione divenne una preziosa testimonianza della grande capacità di Kaufmann di cantare Mahler e per molti fu anche una scoperta di questa sua versatilità.Ho visto molte volte quel video e mi sono divertita a osservare il tenore mentre la sua collega cantava i tre Lied per contralto.Teneva la testa bassa seguendo la musica e credo che già in quel momento gli fosse balenato il pensiero di eseguire il concerto per intero con la sua sola voce.

IL 23 giugno dello scorso anno a Parigi lo avevo aspettato all’entrata degli artisti per dargli una cosa stupida e una cosa seria .

Quella seria era la testimonianza tratta dalle memorie di Bruno Walter nelle quali raccontava quanto a Malher sarebbe piaciuto che a cantare la sua sinfonia per voci e orchestra potessero essere solo voci maschili. La fotocopia della nota la consegnai a Jonas che mi ringraziò stupito , non la conosceva ( o forse con il suo garbo finse di non conoscerla).

Leggendo il ciclo di poesie cinesi alle quali il compositore si era ispirato si nota che specialmente l’ultimo Lied ,( der Absched ), frutto da parte di Mahler della fusione di due liriche ,conferma che il testo sembra essere molto più indicato per una voce virile.

Mi piace ripassare qui la serie di poesie usando la traduzione italiana e l’originale tra parentesi perché è bello anche capire come il ciclo ,formato negli ultimi anni del grande compositore , quando volendo aggirare la convinzione che non si potesse più scrivere una Nona sinfonia dopo Beethoven, si affidò a questa composizione strana .

Mahler la compose in quel suggestivo maso al confine della Val Pusteria ,che ho amato spesso visitare nelle mie gite in montagna  ,quando era già molto malato e molto provato anche dalle sue vicende personali

In reltà poi scrisse anche una Decima , ma che poi in effetti rimase incompiuta.

Già il primo capitolo : il canto del dolore della terra ( Das Trinklied vom jammer der Erde ), con quella chiusa : Dunkel ist das leben , ist der Tod ci porta verso la chiave di lettura più vera della composizione :una sorta di testamento come incipit.

Più noti e più ascoltati i tre Lied per voce di tenore e che voce! Meno importanti per i kaufmaniani quelli che si intercalano con voce di contralto.

Nomino di seguito gli altri  :Il solitario in autunno ( Der Einsame in Herbst ) , della giovinezza ( von der Jugend ), della bellezza ( von der Schönheit ) per arrivare al clamoroso ubriaco in autunno ( der Trunkene im Frühling), quando ormai , dopo avere scherzato con l’uccellino il protagonista conclude nel vuoto esistenziale : che me ne faccio della primavera , lasciatemi ubriacare !

( lasst mich betrunken sein!)

E infine l’addio Der Abscheid . Mi ricordo di avere sentito Bernstein affermare durante le sue straordinarie lezioni newyorchesi ai ragazzi che non esiste musica più bella di quella che chiude questo Lied.

A Parigi , quel giorno caldissimo dello scorso giugno ero in platea e la cosa che più mi dispiaceva era il pensare che non avrei più rivisto Kaufmann cantare con tutto il corpo , seguire con totale partecipazione ogni nota .

Poi in realtà per vie segrete e preziose avevo avuto il dono della registrazione vocale e questo era già stato di per sé un mezzo miracolo .

Anche perché avevo tentato segretamente di registrare sul mio telefono , ma nell’emozione violenta che avevo provato durante l’esecuzione , alla fine invece di fermare l’audio l’avevo addirittura cancellato!

Poi , un po’ per volta un gentile signore che non finirò mai di ringraziare abbastanza dall’alto della galleria aveva registrato il tutto e piano piano ha messo su YouTube l’intero concerto .

Non so se si è reso conto del grande dono che ci ha fatto , uso il plurale perché sono convinta che il dono sia stato davvero tanto apprezzato da tutti quelli che erano presenti e anche da tutti coloro che ora possono godere di una esibizione straordinaria e per me al confine del miracoloso.

L’addio , trenta minuti in cui un cavaliere si allontana ( eterno Wanderer ) da un amico e dal mondo .Quel suo vagare nelle brume di montagne incantate è il perdersi infinito del compositore . come tradurre ?

Eternamente ? Ewig ….sette volte fino a diventare un brivido , un sussurro , un nulla .

Sfuma nel nulla del sogno per immergersi ed annullarsi nella Natura .

La voce di Jonas si perde nell’ultimo Ewig insieme al suo sguardo svuotato e reso immateriale .

….e che con questo aveva provocato la più bella sindrome di Stendhal della mia vita., se questo effetto si può applicare anche alla musica .