JOLANTA

A Firenze per la Jolanta di Tchajkovskj . Molta curiosità ,chiedo lumi  e la solita garanzia dell’amico statistico melomane : la musica e stupenda ! E  allora parto, aveva ragione.

In più una cosa che non avevo considerato , mi ha divertito anche la storia . Dopo tante opere che uno sa a memoria , con tutti i pregi che la conoscenza comporta ,sentire una cosa nuova , leggere un libretto mai letto , vedere un’ allestimento mai visto ( anche se molto Met ) vale a dire un tantino banale , e’ cosa molto divertente.

Comincio dalla musica , veramente magnifica , poi se una come me sa l’Onegin a memoria e lo ama tanto ci ritrova le arie adorate ( per me soprattutto la bellissima aria di Lensky) anche se il tenore diciamo che non era il punto di forza del cast.

Ultima opera di Tchajkovskj , un’ora e quaranta di musica ininterrotta , tanto che lo stesso autore aveva addirittura consentito di abbinarla allo Schiaccianoci . In effetti bisogna considerare che erano più resistenti gli spettatori di una volta!

Un fluire musicale magico , come magica è la storia bellissima che la fiaba racconta , addirittura una fiaba   francese del Quattrocento , ma che nelle magiche note del nostro autore diventa tanto russa che piu russa non si puo’.

Affascinante melo di una principessa nata cieca che non sa di esserlo perchè non conosce la luce , di un Re padre che vorrebbe guarirla e per farlo si rivolge ad un medico moro e il medico moro dice che solo la volonta’ di volere vedere attraverso la conoscenza della propria  menomazione potrà portare la principessa alla guarigione e qui entra in scena l’amore di un cavaliere che nell’amarla le svela il vero , quello che lei non sa , il suo non vedere e questo avviene quando lui le chiede romanticamente una rosa rossa e lei ostinatamente e senza capire perchè seguitera’ a offrirgliene  invece una bianca.

Bellissima aria di Jolanta che spiega non considerarsi menomata perché il profumo dei fiori non occorre vederlo , come il canto degli uccelli e il mormorio delle acque di un fiume che si sentono anche senza vederli… Bellissima intuizione sul senso intimo della percezione della differenza dell’essere degli umani.

Poi la trama si complica un po’ e finisce molto retoricamente nel sacrificio di accettare la vista per amore , ma e’ un amore per la luce di Dio , che secondo me ( e qui apro un dibattito ) potrebbe anche voler dire che la sua vista acquisita sia una simbolica vista interiore , certamente il finale della trama mi sembra decisamente pieno di strano trionfalismo religioso.

Il libretto scritto dal fratello Modest , scusate il calambour , ma pare un pò modesto e pasticciato , con pagine di poesia purissima e pagine decisamente e disperatamente kitch.

Dell’allestimento ho apprezzato la camera prigione della cieca , i cervi nel bosco e ovviamente il cerbiatto vittima immolata . Un po’ meno gli sci del cavaliere e compagno e le camerierine uso sanatorio svizzero . Nell’insieme comunque uno spettacolo elegante che si puo vedere su You Tube con la Netrebko e Bekzala .

Qui a Firenze la compagnia di canto ottima nelle voci dei classici registri russi : il basso Alexej Tanovitski e il baritono Mikolaj Zalasìnski veramente eccellenti . Lei molto carina e sicuramente di buon livello, Victoria Yastrebova , difficile per me valutare il tenore Vsevolod Grivnon , odio la categoria se non sono belli e bravi  a modo mio.

Ottimo il direttore Stanislav Kochanovsky, ottima al solito la duttile orchestra fiorentina e il notevole coro. Tutto sommato valeva sicuramente il viaggio.

Una curiosità che deriva dal saggio che accompagna il programmone di sala del Maggio . Gustav Mahler si  ricordò di questa Jolanta nel movimento finale della sua Seconda sinfonia detta Resurrezione ; quasi un sottotitolo anche per questa ultima opera di Tcajkovski.